Qualche oretta di volo, in realtà, l’avevo già accumulata; l’album delle figurine (attestato, biposto, fonia) è completo già da un po’, ma non sapevo spiegarmi la sensazione che avevo comunque sempre dentro: non ero completo, mi mancava qualcosa, avevo decollato ed atterrato da diversi campi, razzolato in diverse aree, utilizzato più di un modello di aereo eppure mancava qualcosa.
Sin da bambino, come tutti quelli che ho poi incontrato, sognavo di riuscire un giorno a staccare la mia ombra da terra, l’avevo promesso a me stesso, l’avevo condiviso con tutti i miei cari, avevo letto libri, romanzi e manuali in tema; poi finalmente avevo coronato il sogno, eppure qualcosa mancava ancora, non che non sapessi di dover imparare ancora moltissimo, non che volessi non avere più quel pizzico di timore che forse ti evita qualche stupidaggine, non che non volessi provare più quel sacro rispetto alla macchina che mi porta in volo o all’aria che mi accoglie, ma mancava, si mancava qualcosa.
Avevo volato con istruttori più o meno capaci di assecondare la mia sete di imparare, avevo volato con piloti novelli, piloti che forse (spero di no) non saranno mai vecchi piloti, avevo volato con piloti della domenica, avevo volato con Piloti che anche se non lo danno a vedere ti stanno insegnando qualcosa, ma lo sapevo lo sentivo mancava qualcosa.
Poi d’improvviso nel cuore della note apro gli occhi e capisco: riaffiora il ricordo di una vecchia promessa.
Un giorno ancora bimbetto avevo promesso a mia mamma che quando sarei diventato pilota il mio primo passeggero sarebbe stato lei.
Ecco ci sono, ora capisco cosa manca; sono ancora in tempo (per fortuna).
Non ho ancora mai volato con un passeggero che non fosse “dell’ambiente”.
Al mattino la prima cosa guardo la meteo, certo non è bellissima: visibilità 3 Km vento assente ma cielo coperto. Chiamo il campo di volo e prenoto, chiamo in ufficio ed avviso, chiamo mamma e le dico che la passo a prendere. Racconto tutto a mia moglie che mi sorride, mi lavo mi vesto e parto. Un volo normalissimo come ne ho fatti diversi: decollo, un giretto e poi un buon atterraggio ma sento che qualcosa dentro di me è cambiato il momento stesso in cui l’ho aiutata a salire a bordo.
Poi è stato tutto “normalissimo” come se lo avessimo già fatto mille e mille volte era tutto scritto ?