…l’ Otto Marzo…
L’Italia, un paese afflitto da una pressione fiscale che, colpendo sopratutto e ciecamente il settore dell’aviazione generale, l’ ha praticamente cancellata dai cieli. Da molti anni volavo solo per professione con i grandi jet commerciali dell’Alitalia, compagnia di bandiera per cui volo attualmente in qualità di comandante sul DC-9. Spinti, come me, dalla voglia di ritrovare le meravigliose sensazioni del volo con piccoli aerei, sempre più piloti si rivolgevano al volo “ultraleggero” e cioè con velivoli con peso massimo al decollo inferiore a 450 Kg. che,non rientrando nella categoria aeromobili,non sottostavano alle tasse ed alla burocrazia che aveva ucciso la “vera” aviazione.
Sulla spinta di un mercato crescente e dalla presenza sui campi di volo di sempre più piloti con brevetto ed esperienza, le ditte costruttrici si indirizzarono verso aerei sempre più sofisticati che, sia per aspetto che per caratteristiche, assomigliavano sempre più agli aerei certificati dell’aviazione generale. E’ così che nasce anche lo “ Sky Arrow “ ricaduta commerciale del progetto Rondine per un ricognitore a basso costo civile/militare ... il mio aereo!
E’ una bella mattinata quella dell’8 marzo 1994 e decido che un voletto ci starebbe proprio bene, telefono ad Adriano, mio collega,lo invito a provare l’ I-3290 e via, verso il campo di volo.
Meno di tre quarti d’ora dopo ci stiamo allacciando le cinture nel comodo abitacolo dell’ Arrow, gli passo il caschetto con le cuffie, “ma devo proprio metterlo ?”, chiudo il canopy, “bè, io lo trovo comodo”, contatto, circuiti di accensione inseriti,“.N..No.. io non lo metto..”, magneti, starter, con un ruggito controllato il motore si avvia, “Ok,Ok ma non puoi tenertelo in grembo, aspetta che riapro e lo passiamo a mio padre.. “No,no non é il caso, lo metto”.
Rulliamo verso la testata 30 accompagnati dagli scricchiolii e sobbalzi a cui quel prato mi aveva abituato, sobbalzi che cessarono solo quando un piccolo ma deciso movimento della mia mano sul sidestick (la piccola cloche laterale di cui é dotato l’Arrow) fece ruotare l’aereo annullandone il peso e sostituendo gli scossoni di una corsa a 50 nodi su di un prato con la calma ed il senso di libertà del volo. Salimmo di qualche centinaio di piedi volando verso Cerveteri e passai quasi subito i comandi al mio ospite. Dopo aver sorvolato il paese puntiamo verso il lago di Bracciano, l’aria era tranquilla e lo era anche il mio compagno, nessuna manovra accentuata ma tutte dolci e ben coordinate, il nostro volo proseguì per una quarantina di minuti. “Sono entusiasta! ...dimmi tu quando rientrare perchè io passerei in volo tutto il giorno..” mi disse Adriano puntando ancora su Cerveteri. Sorvolavamo le prime case del paese, a 600 piedi, quando il motore sembrò impazzire, i giri calarono improvvisamente e velocemente per riaumentare subito e ricalare subito dopo...insomma impazzito! “Il motore ha qualcosa, ce l’hai tu” sentii in cuffia ed impugnai subito il sidestick inserendo contemporaneamente la pompa elettrica di alimentazione e cercando di capire se avrei potuto tornare in campo, distante circa 8 minuti di volo.
Resomi conto che non ce l’avrei mai fatta, che le vibrazioni stavano aumentando e che il motore non sentiva le variazioni di manetta dissi al mio compagno che avremmo dovuto fare un “fuoricampo” e che avremmo dovuto sbrigarci a trovare un campo adatto. Cominciai un ampio giro attorno all’abitato cercando un prato sufficientemente lungo e privo di ostacoli,non sapevo se lo avrei trovato, non sapevo se mi dirigevo verso il campo giusto, lo stavo cercando e basta! Poche frasi scambiate col mio compagno che mi sottoponeva possibili scelte ed in me la consapevolezza che quel variometro, a stento leggibile a causa delle vibrazioni, sarebbe restato “a scendere” per il resto del nostro volo e che comunque non potevo tenerlo in volo per più di un paio di minuti. Tutto si svolgeva come in una simulazione, anche la calma con cui entrambi stavamo affrontando l’emergenza ci avrebbe stupito se avessimo avuto il tempo per pensarci su; dopo almeno una decina di posti presi in considerazione e subito scartati mi si parò davanti un campo di grano nella vallata che costeggiava la strada per il lago di Bracciano, che avevamo sorvolato poco prima, e che sembrava fatto al caso nostro ... bè doveva esserlo perché la nostra quota era ormai di sì e no 150 piedi. Dichiarata la mia decisione per interfonico e per radio mi sono allineato col campo, nonperdendo mai di vista la linea telefonica che ne attraversava la “testata” ed una volta sicuro che sarei arrivato ‘in campo’ ho cominciato ad estrarre i flaps mentre un turbinio di pensieri mi frullavano per la testa ...ok, pilota, ti sei sempre chiesto come sarebbe stato.... bè ora ci sei... occhio ai peschi... devo metterlo giù presto e dolce chissà se il terreno regge..un fuoricampo Caz... un fuoricampo!
Chissà se Adriano é preoccupato? ...gli terrò il muso alto.. ci siamo..“lo metto giù..!” “ok, non ci resta che sperare che il terreno regga”.
Lo sostengo e dopo un paio di secondi le ruote del carrello accarezzano il terreno, mi sembra che non siano i carrelli ma una parte di me che cerca di saggiare la consistenza del suolo, l’Arrow corre ancora veloce, col muso alto ma ormai sono certo che il terreno ne sopporta bene il peso e l’assenza di sobbalzi mi conferma che il campo é ben livellato e la scelta si é rivelata azzeccata. Comincio subito a frenare, sono più teso ora che in volo.. é normale, un pilota ed il suo aereo si sentono a loro agio solo in aria non a terra,... tantomeno in un campo di grano.... !!
La velocità decresce, il piano di coda non sviluppa più abbastanza deportanza da permettermi di mantenere l’ aereo cabrato ed il carrello anteriore corre ormai in mezzo alle spighe... continuo a frenare.
Saranno passati un paio di secondi dal contatto del pneumatico anteriore con il suolo quando ogni mia fibra muscolare si tende alla vista di un avvallamento che attraversava ortogonalmente il campo e che, invisibile prima, stava ormai sparendo sotto il muso. Sapevo quanto la situazione fosse pericolosa ed appena la ruota arrivò al bordo del piccolo fossato rilasciai i freni per alleggerire il ruotino. Funzionò e l’aereo uscì dall’avvallamento ma il successivo contatto del carrello anteriore col terreno fu più violento, in quanto non avevo più efficienza nei comandi aerodinamici e questo fece distaccare il “radome” (musetto) dell’Arrow e la prima ordinata di fusoliera, ortogonale al moto, fu libera di conficcarsi nel terreno arandolo come un vomero! Il mondo sparì in un attimo con un tuono sommesso... non so con precisione cosa sia avvenuto in quell’attimo, ricordo che all’iniziale boato si sostituì subito un lungo susseguirsi di rumori secchi, come quando il tronco di un albero si spezza, ed io sentivo un grande peso sulla schiena come se qualcosa mi spingesse con forza in avanti costringendomi a piegarmi su me stesso, poi… il terreno.. ero trascinato sul terreno, ricordo che le zolle mi scorrevano sulla parte destra del viso e la forza che mi premeva contro la terra sparì solo una volta fermo, assieme al rumore.
Schizzai in piedi e solo quando alzai lo sguardo verso l’aereo mi resi conto di cosa era successo, avevamo capottato ed io ero stato catapultato fuori sfondando il tettuccio... nonostante le cinture! Adriano era ancora dentro, allacciato al sedile e capovolto! Mi sono precipitato accanto al velivolo ed infilando un braccio dentro aiutai Adriano ad uscirne, incitandolo a fare presto, ero preoccupato per i 50 litri di benzina che erano ancora a bordo.
Ci allontanammo subito di 5 o 6 metri e solo dopo un paio di secondi di silenzio ci rendemmo conto che eravamo illesi ! Io avevo gli indumenti lacerati in più punti ma senza nessun taglio ed a parte un paio di piccole abrasioni ed un bel livido su una gamba stavo benissimo, Adriano sembrava addirittura che fosse passato di lì per caso ed a tradirlo era solo un giustificatissimo pallore. La nostra prima frase fu addirittura una battuta: “lo sapevo...mai mettere 2 comandanti sullo stesso aereo..!” e ne ridemmo, io rivolsi lo sguardo al mio aereo e con tristezza aggiunsi “fine di un sogno”. Poi Lui si allontanò subito per cercare un passaggio ed andare ad avvertire le famiglie e mio padre, al campo di volo, che stavamo bene, io invece restai lì, accanto al mio aereo, e vedendo che tutta la parte anteriore sino all’altezza del mio sedile era distrutta, ho capito che quel giorno,in quel campo di grano,la Morte era distratta…..
Massimo Poggi