di Luigi BERRI
NUVOLE e…oltre
“la nube del giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera” - G.Pascoli (I Canti di Castelvecchio “La mia sera”)
(Avevo 16 anni……e per l’indomani il meteo prevedeva pioggia).
L’indomani pomeriggio però, dopo una passata d’acqua, l’istruttore mi disse “venga, faccia presto, andiamo su, le faccio vedere una cosa insolita”. Da terra non si notava nulla: un po’ di cumuletti all’apparenza neri, sei ottavi di copertura, poco vento, un’ora al tramonto. In volo altra musica, altro vedere. I cumuletti erano bei cumulotti, non erano più neri ma rosa, erano sparsi su più piani orizzontali a partire da 1.000 ft ground fino su, su a chissà quali quote. Ad altezze siderali uno strato di cirri copriva il blu profondo, era sparito l’azzurro del cielo. Salivamo lentamente in larghissima spirale. L’istruttore dopo avermi redarguito “lei non lo faccia mai!!” insolitamente tacque, regnava silenzio nonostante il motore, attonito mi guardavo attorno. Il primo cumulo soffice sfiorò l’ala destra, un brivido nella fusoliera che cessò subito. Un po’ di smagritore e aria calda al carburatore. Il disco dell’elica puntò dritto la bambagia grigia più in alto. Appariva distante, mi rilassai. Per poco, però. Tutt’a un tratto repentinamente la visuale fu coperta, sparì il disco dell’elica, di colpo il lexan-l’aereo-io fummo sommersi. Via la luce, in un bagno di immobile soffice grigioscuro totale. (Partii di testa: bimbetto nella culla, la tata rincalzava il letto, “buono, ora dormi”, il tepore avvolgeva il respiro nella semioscurità del lenzuolo sopra il capo, ero difeso, protetto nel mio nido….) Il tempo dei ricordi svanì d’un tratto: due, tre scossoni in fusoliera, poi, senza soluzione di continuità, scricchiolii sospetti, ali in litigio con tutto, qualche capocciata sul tettuccio, secondi interminabili e ripetuto interrogativo: ne usciremo più? Di colpo, così come era iniziato, il trambusto cessò: inaspettato irruppe la sera con luce e lame di sole basso accecante. Chiusi gli occhi abbagliato. Quando li riaprii, si mozzò il fiato: una gigantesca strisciata d’arcobaleno trasversale quasi mi toccava il naso “…nuvole lacerate da una mano di corallo / che porta sul dorso una mandorla di fuoco “ (Garcia Lorca). Nuvole gigantesche, sopra, sotto, di lato. E la terra? Sparita….
Ecco i primi 5.000 ft. della mia vita in aereo tra sogni, cumuli, turbolenze, arcobaleni.
Perché altre volte ero andato più su. Se si eccettua qualche viaggio da passeggero sui liner d’allora (DC 3, DC 6-B o Constellation), altre alte-quote avevo raggiunto in verde età [ l’alpinismo supportato da espertissime guide era l’unico sport permesso in famiglia…no comment sulla pericolosità! e così: Monte Bianco, Monte Rosa, Gran Paradiso, Cervino, ecc., indimenticabili le albe nel vento oltre i 4.000 metri! “ Le nubi, a mandrie, / restarono a dormire contemplando / il duello delle rocce con l’alba” -Garcia Lorca- ], ma il volo così era tutt’altra sensazione. Non voglio essere banale se dico che era il mio più grande sogno divenuto realtà.
Perché con l’aereo, con il piccolo aereo scoprii quella sera d’essere un tutt’uno, le ali erano un prolungamento delle mie braccia, il vibrare degli alettoni era il terminale delle punte delle dita, l’assetto di salita era la schiena che spingeva sul sedile, quello in discesa era il distaccarsi da esso, le virate erano le mie spalle sospinte all’interno della curva, lo stallo era il fiato trattenuto, l’atterraggio era la pianta dei piedi che sfiorava madre terra piano-piano-che-sennò-ti-scortichi, cosa dire di più se non un comprendere di essere enormemente grato a quell’insieme di legni, colle, vernici, metalli, motore, elica, ruote che -assemblato con ordine a terra- diveniva un aereo? all’estraneo poteva forse apparire a prima vista un gingillo inanimato, ma a chi lo capiva e -come me quella sera- cominciava ad amarlo follemente, era una creatura in tutti i sensi cui era sufficiente un giro di chiave, la pressione su un pulsante, una botta all’elica per acquistare fremito, vita, e, -se avevi le orecchie sintonizzate- parola! Questo piccolo-grande-meraviglioso aggeggio che diventava uno con te, ti porgeva le ali e ti portava a realizzare il tuo sogno impossibile, quello di VOLARE, di non essere più soggetto alla materia, alla gravità, sospeso tra terra e cielo con la leggerezza di un airone, sotto le nuvole, tra le nuvole, sopra le nuvole, e…oltre.
Oggi ho superato gli “anta” da un pezzo, ma l’amore folle non è più cessato e si è sempre più consolidato.