di Luigi BERRI
Se ogni tanto non m’inventavo qualcosa d’insolito strano, non mi sentivo più io.
Da un po’ di tempo mi ronzava in testa un bel calabrone: vedere sorgere il sole prima di quelli che ...stanno a terra.
Il calabrone aveva cominciato ad animarsi una volta che ero giunto ancora di notte sulla bella aviosuperficie di ARTENA (pista grande), e avevo visto le cime dei monti LEPINI indorarsi al primo sole mentre giù nel campo di volo le luci nelle case (e nell’hangar) erano ancora accese.
L’idea strampalata di essere il primo ad acchiappare il sole, in genere la si può realizzare abbastanza facilmente tra gli uomini “normali”: è sufficiente, ad es., trovarsi su una sommità di un monte all’alba dopo una bella arrampicata e, quando il sole t’inonda, giù nella valle lo scuro è ancora dominante; oppure su un comodo volo di linea a 35.000 piedi, quando nel nero totale della notte vedi una lama rossastra invadere improvvisamente l’orizzonte e in breve spandersi verso l’alto, mentre in basso è buio pesto.
Tutto questo rientra, più o meno, nelle consuetudini della vita d’oggigiorno degli uomini “normali”, mentre io, che mi “sentivo” (e mi sento) tuttora non del tutto normale, cercavo un’emozione diversa. All’inizio cominciai a pensare quasi furtivamente, poi man mano sempre più con convinzione, di ottenerla, confidando nella silenziosa complicità del mio fido P-92. La cosa, a prima vista era semplice, ma occorreva prestare attenzione ad alcuni fattori, il primo dei quali è che noi con i nostri apparecchi non possiamo volare di notte, ma solo dall’alba al tramonto rispettando pur sempre i limiti delle EFFEMERIDI. Comunque ricordavo che proprio tali limiti, variabili nel corso dell’anno a seconda delle ore di luce, consentono decolli e atterraggi a partire da mezz’ora prima del sorgere del sole fino a mezz’ora dopo il suo tramonto. Nel mio caso poi ero facilitato dal fatto che il sole sull’aviosuperficie di Artena sorge dai monti Lepini, e cioè un bel po’ dopo le effettive effemeridi del luogo, quindi -stando alle regole- decollando mezzora prima di tali reali effemeridi si aveva l’impressione non dico di un decollo semi-notturno (ohibò) ma di un decollo in pronunciata penombra, questo sì. Avrei inoltre dovuto tener scrupolosamente conto della meteo, che se non fosse stata perfetta avrebbe vanificato il tentativo. E in più non disdegnavo la circostanza che una bella luna piena, sia pure al tramonto, non avrebbe guastato la festa.
Risolti (alla bene e meglio) i quesiti, non si trattava che di aver pazienza, consultare bene le meteo la sera prima, perdere un po’ di sonno qualche notte, e aspettare le condizioni propizie senza avere alcuna fretta di dover andare su. Se ciò sarebbe avvenuto, non era certo su imposizione del medico.
Venne infine il grande momento. Era l’alba di un giorno di novembre di qualche annetto fa. Notte stellata, luna piena la sera prima, lieve tramontana durante il giorno ma al momento assenza di vento, niente previsioni di nebbia sul campo, accenno a brume nei fondovalle, insomma condizioni ideali. Arrivai all’hangar di buon’ora, accesi i neon. Effettuati controlli scrupolosissimi (più del solito), aereo fuori hangar, luci spente, hangar chiuso, riscaldamento “esagerato” con relative prove di motore al massimo, al minimo, magneti, ecc.: tutto o.k.
E adesso scrivo al presente, tanto è ancora vivo nella mia mente quel volo. Dunque, allo scoccare della mezzora fatidica prima delle effemeridi, inizio a muovermi: nessun problema, il rullaggio è semplice, la penombra è sì accentuata, ma non pensavo che il faretto facesse realmente così luce: la strobo sul timone si riflette a lampi sul cruscotto: qualche metro avanti il ruotino un leprotto taglia la strada e fugge via, mi prende un’insolita euforia (“calma Gigi”, dico a me stesso).
Punto attesa: ultimi controlli, mi allineo, la bussola indica SUD, l’aria è tersa e incredibilmente pulita, ma la cosa essenziale è che vedo bene la pista!. Motore dentro, leggero piede sinistro (ho un Limbach), “ avrò dato la sveglia a qualcuno?” mi domando, mentre il mio P-92 rombando va su come una libellula e la terra disotto sfuma.
Viro a sinistra verso i LEPINI, avendo intenzione di salire seguendo i costoni dei monti: con gli ULM abbiamo regole precise di quote rispetto al suolo sorvolato, e io intendo rispettarle. Il paese di CORI è illuminato giù avanti a me, mentre un po’ più in alto a sinistra le luci di ROCCA MASSIMA appollaiata su di una cima sono ancora accese. Passa poco, e già sono più alto: nel cielo che si fa via via più chiaro, mi sembra di toccare con la punta delle dita le estremità delle ali che vibrano lievi nell’aria fresca e densa dell’alba.
Un’occhiata agli strumenti, che leggo distintamente: altimetro:1.600.ft., variometro in netta salita; superato il primo spartiacque, il giorno sta prendendo il sopravvento; sulla mia sinistra in basso più lontana nella bruma intravedo, anche grazie ai fari delle auto, l’Autostrada ROMA-NAPOLI. Sempre sotto a sinistra, COLLEFERRO dispersa nella foschia stagnante, difronte, sopra uno strato di nebbiolina, SEGNI con la sua antenna TV. All’orizzonte verso Sud Est le cime dei monti Livata, Campo Catino, ecc., sono già toccate dal sole. Avanti e sopra a me è tutto tersissimo. Viro a dx e mi riporto più accostato ai monti. Ora sono a 4.500 ft, mentre stimo le cime avanti poco sopra i 5.000. A questa quota la luce diventa sempre più chiara con una velocità impressionante. La temperatura esterna è di 2°. Sotto, qua e là lontano, qualche faro d’auto. A “ore 5” la luna all’orizzonte, grossa e rossa, sta tramontando.
Ecco il sole! Il primo raggio è una lama accecante che trapassa il cruscotto.
Ce l’ho fatta! Sotto la gente (normale) ancora dorme, ho preso io il primo sole su una terra pigra tuttora sonnolenta. Mi ferisce la luce, sono a 5.500 ft, appena sopra le cime che sorvolo con religiosa diligenza. La prua è a 195°. Livello e riduco il regime a crociera, temperature e pressioni tutte o.k. Innanzi a me basso sull’orizzonte si staglia la sagoma immobile del CIRCEO, a dx. sotto foschia perdurante immagino la pianura Pontina, qualche lieve pigro fumo azzurrino viene su, e più a dx ancora, immerse in un mare indaco scuro, le isole Pontine, tutte e tre nitidamente: PALMAROLA, PONZA e ZANNONE. Se mi volto un poco a sinistra, sbalordisco: la purezza dell’aria mi consente di individuare VENTOTENE con la piccola S.STEFANO, poco più in là ISCHIA, e lontanissimo a sinistra il cono inconfondibile del VESUVIO dietro il boccascena scuro del monte di TERRACINA. Mai avevo goduto di tale visibilità!
Immagini mozzafiato. Sembra impossibile che giù in terra qualcuno dorma ancora. Mi crogiolo ancora un poco nella sinfonia di colori, prospettive, luci, tanto non ho fretta.
Poi inizio la discesa con tutte le precauzioni del caso, mentre al campo sta per arrivare il primo raggio. La luna è appena tramontata e le luci della notte ormai si stanno spegnendo.
Mi attenderà dall’inizio un nuovo giorno, dopo l’atterraggio.