di Luigi BERRI
A VOLTE RITORNANO (anche le pirlaggini)
Titolo con due aspetti.
Il primo. Mi riferisco ai sensi. Sì, di quei benedetti sensi, sono 5 o giù di lì (il sesso dove lo mettiamo?) che ci legano alla vita fisica e senza dei quali saremmo peggio dei vegetali. A loro dobbiamo dire eternamente grazie per tutto il lavoro che svolgono a nostra tutela e difesa e per tutto quello che ininterrottamente ci permettono. Però, attenzione, non sempre è così, a volte possono anche nuocerci, e di brutto anche. E allora ecco spiegato il primo aspetto del titolo di questa breve narrazione.
Per mantenere i sudatissimi brevetti cercando di scucire pecunia il meno possibile con il massimo risultato [=accumulare ore di volo], io, come altri ai bei tempi, ero costretto ad arrangiarmi e a scendere a compromessi pur di volare il più spesso possibile. Non avendo il terzo grado ma solo lo strumentale, e quindi non potendo farmi pagare nella qualità di pilota per i voli che facevo, ero disponibilissimo a portar per aria amici, conoscenti, colleghi e non al semplice costo delle ore di volo: loro godevano di un buon volo (quasi sempre) e io scaricavo i minuti sul libretto di volo, il che mi faceva gioco a fine anno per il rinnovo delle licenze. E’ ovvio che il costo del volo aumentava a seconda della sua durata e del tipo di a/m utilizzato, una cosa era un biposto, un’altra il bimotore. Feci, nel tempo, buone cose, traversando in lungo e in largo la penisola -isole incluse- e sforando anche all’estero (Francia, Germania, Grecia, Tunisia, Spagna, ecc.) con generale soddisfazione e senza correre particolari rischi, avendo sempre rispettato alla lettera le regole dell’aria e le condi-meteo, al punto da essere a volte tacciato di eccessiva prudenza.
Quella volta con un bel SIAI 205-200R, tips alari con serbatoi ausiliari, autonomia per quei tempi stratosferica, portai 3 Colleghi (ero e sono avvocato) a Tunisi per un congresso, circa 7 ore di volo tra le due tratte. Stavolta il ritorno lo feci da solo, il congresso durava più di tre giorni, e a me non interessava l’argomento (si discuteva di questioni di diritto penale, in particolare di estradizione e di nuova auspicabile normativa tra i due Paesi…tra l’altro io sono civilista). I Colleghi si mostrarono d’accordo di rientrare, finito il congresso, con la linea, incerti sul momento addirittura di trattenersi ancora a godersi la Tunisia.
Così la mattina dopo all’alba, piano di volo a posto, rifornimento fatto, controlli rigorosi al bagaglio, al brevetto, alla polizia -passaporto e altro-, meteo accettabile (alta pressione, poco vento e possibile formazione di strati a varie quote), acqua e 2 panini accanto, decollo, ciao Tunisi! prua 020, autorizzato fino a 6.000 ft, per poi arrivare a 12.500 e oltre una volta entrato nella F.I.R. italiana e contattato il relativo ente di controllo. Leggera forata in salita, raggiungo i 6.000, livello, e già Tunisi sparisce dalla radio, ho ancora l’NDB in coda, quello di Malta lo prendo a tratti, no problem comunque; non vedo il mare coperto da strato sotto-stante che ho superato in salita, ma non vedo neppure il cielo coperto anch’esso da uno strato più alto, io sono in mezzo e la visibilità è più che buona, quand’ecco il problema: perdiana, sto volando storto o meglio sono in continua virata a destra! Un’occhiata agli strumenti: bussola e girodirezionale immobili su 010, orizzonte artificiale livellato, pallina centrata, il resto tutto o.k. tranne una vocetta interiore che subdola sussurra “attento! perdere un grado all’arrivo è rimediabile, ma se lo perdi in partenza sono guai, ancor maggiori se la tratta è lunga e non hai riferimenti…”. Pensando alle ore di mare avanti a me, comincio a sentirmi a disagio, mi guardo intorno, effettivamente sembra evidente che l’aereo sia in continua virata destra, ma come può essere? Allora per un istante dò retta ai sensi (a volte ritornano) e faccio quello che MAI si dovrebbe fare (gli strumenti sono la tua legge assoluta! cianciava sempre l’istruttore), comunque si tratta di un breve tentativo per meglio rendermi conto: provo a livellare le ali, e zac! il SIAI parte in virata sinistra, confermata all’istante dagli strumenti e dalla leggera centrifuga sul fondoschiena. Ritorno subito all’assetto iniziale, sudo freddo ma decido di resistere e di continuare dando retta agli strumenti, chiamo per radio, nessuno risponde né i tunisini né i nostri [altra caratteristica arcinota: quando veramente serve, la radio è come se non ci fosse]. Mi guardo ancora attorno, stessa sensazione di prima, sono storto, cosa può essere? Bevo un sorso d’acqua, poi un altro. Penso anche di rientrare, ma chi si azzarda più a virare? Mi accorgo di star entrando nel pallone, fortunatamente non mollo. La storia continua per dieci minuti buoni, un’eternità con quel patema d’animo. Finalmente lo strato sottostante si dirada, vedo il mare!, sospiro solo allora mi rendo conto che l’aereo volava e vola dritto, difatti girando la testa all’indietro e guardando oltre l’ala noto che lo strato via via in dissolvimento non era parallelo alla superficie del mare ma in leggera costante salita sulla destra…e quel figlio-di-buona-donna dello strato superiore seguiva lo stesso andamento dell’inferiore, dando l’impressione al disgraziato che c’era finito in mezzo di virare a destra.
Il secondo. Pur avendoci rimediato una figura non certo professionale, pur a distanza di anni non mi preoccupa il ricordare quest’accadimento, anche se non posso dimenticare le risatine alle spalle e i commenti salaci di quella volta, come quel “PIÙ PIRLA DI TRE PILOTI PIRLA!” esclamato ad alta voce dal DOV all’atterraggio, che nessuno degli amici-piloti presenti si è ben guardato dal contestare. Adesso penso che le mie pirlaggini di allora potrebbero anche oggi servire forse a qualcuno (a volte ritornano…)