di Luigi BERRI
SPITFIRE
Che nostalgia! Ieri ho casualmente rinvenuto, tra i miei libri aeronautici, un vecchio block-notes con tanti appunti a matita… li leggo e qualcosina riporto qui appresso:
Quando ricevetti da Vincenzo M. -addetto militare all’Ambasciata a Londra- un invito a passare qualche giorno da lui, accettai di corsa. Londra la conoscevo poco, così essere alloggiato nel suo elegante appartamento nel quartiere di Kensington era un’occasione che non capitava tutti i giorni. Tra l’altro non immaginavo che, per motivi del suo ufficio, lui era in contatto giornaliero con colleghi del suo rango di altre Forze armate, tra cui la mitica RAF…E così, una parola tira l’altra, fui accompagnato a visitare un museo, allora chiuso agli estranei, in un aeroporto ex-militare (Biggin Hill, oggi aeroporto in tutti i sensi per i jet-executive e per i regionali) a circa 25 km da Londra nella sue propaggini a sud-est.
Durante il viaggio, l’amico dell’amico (lieut.P.G.) forse già indottrinato a dovere da Vincenzo, s’informò su di me, chiedendomi prima se mi piacevano gli aerei (…figuratevi!), poi se mi interessavano gli aerei dismessi della 2°guerra (…ari-figuratevi!), poi ancora saputo che ero pilota IFR con abilitazione anche a vari bimotori -per di più con i brevetti appresso- mi fece cautamente capire che forse esisteva la possibilità di poter volare su uno di quei mezzi d’allora che erano in condizioni di volo…non tutti, altri erano in via di manutenzione o di ristrutturazione. Se ciò fosse stato possibile, forse (ahò, sempre ‘sto forse!) dovevo prima subire -sempre sulla base- una breve visita medica, poi un accurato briefing, poi il giorno dopo, se tutto era ok e se esisteva un aereo disponibile, briefing sull’aeroplano la mattina, e il pomeriggio volo !!!
Visitato il museo (una goduria), vista la base, mi dissero che gli aerei in condizioni di volo erano 4: un De Havilland “Chipmunk” , un T 6, uno Spitfire Mk 5b tp (tp=biposto), uno Spitfire Mk 9, un Bristol “Beaufighter” bimotore. Forzai un po’ la mano per prendere appuntamento di lì a 2 giorni….., e all’istante prenotai per due giorni dopo una deliziosa pensioncina accanto la base per trascorrervi la notte (anche se non ero assolutamente sicuro di passare le prove).
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Smaniai per due giorni. Di colpo non me ne fregava più niente di Londra, dei suoi musei, dei suoi giardini, dello shopping da Harrod’s, dei teatri e altro. Arrivato il giorno, sveglia alle 5 e con la metro più un bus mi trovai a 500 metri dalla base la mattina alle 7,30, con i miei documenti volativi sotto il braccio. La visita medica era per le 9.
Il piantone era avvisato: entrai alla base dalla parte ex-militare senza intoppi. Il resto fu una cosa di routine, con i soliti test basici (pressione, vista, udito, riflessi, colori ecc.), salvo una specie di…frullatore in cui mi cacciarono dentro e mi fecero girare per un paio di minuti con attaccate al corpo alcune strane ventose. Quando mi fecero capire che tutto era OK “n’antro po’ svenivo” !
Mi furono quindi presentati tre tizi in uniforme, e uno di loro mi chiese quale aereo scegliessi tra il Chipmunk e lo Spit.! E che me lo chiedevano a fa’ ? però però però vi era una differenza sostanziale…
Difatti il volo di un’ora sullo Spit.Mk 5 sarebbe costato venti volte di più rispetto al Chipmunk, visti i consumi, come ora spiegherò. Il motore era un Rolls-Royce Merlin a 12 cilindri a V con “soli” 1.450 CV. Alla sua ottimale velocità di crociera di 482,4 km/h (281 miglia orarie) a 3.000 metri con il motore a 2.650 giri e il sovralimentatore alla pressione di +2 libbre -una pressione che permetteva al motore di produrre più potenza ad alta quota dove l'aria che necessitava per bruciare efficacemente il carburante è più sottile (noi sui nostri aerei abbiamo lo smagritore)- un Mk 5 consumava 35 galloni (132,475 litri) di benzina da 100 ottani in un'ora. Il serbatoio conteneva 87 galloni (329,295 litri). Invece alla massima velocità di crociera di 533 km/h (331 miglia all'ora), sempre a 2.650 giri e una pressione di +6 libbre, l’Mk 5 bruciava 70 galloni (264,95 litri) in un'ora. (Non parliamo poi del combattimento! con la manetta spinta tutta in avanti -massima potenza-, il motore che girava a 3.000 giri al minuto in "zona rossa" e con il sovralimentatore alla spinta massima di +16 libbre, un serbatoio pieno si sarebbe svuotato in poco più di ….trenta minuti !!!!!).
E il consumo di olio…?! A chili!
(Questi dati li ho ricavati anche dal vecchio block-notes).
Fortunatamente avevo con me la carta di credito! Ovvio che scelsi lo Spit.5 biposto, il monoposto Mk 9 era tassativamente riservato ai vecchi piloti o a quelli già abilitati e con un bel numero di ore sull’Mk 5. Passai la notte tra le nuvole.
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La mattina dopo finalmente lo trovai sul prato!
Uno spettacolo, da rimanere a bocca aperta. Ci ho girato intorno una buona mezzora, da solo, in silenzio attonito, poi in seguito per i controlli vari esterni.
Un libellulone aggraziato e proporzionatissimo, metà verde pallido militare (la parte superiore), metà grigio scuro (l’inferiore), musone al cielo, elica tripala, radiatori davanti e sotto l’ala destra, coccarde tonde inglesi, matr.UK-G31. Esprimeva però, nonostante la grazia, un aspetto severo di potenza e aggressività.
Il briefing, prima nell’aula e poi fuori intorno all’aereo per i controlli esterni e la spiegazione della strumentazione in cabina con chi mi ci avrebbe portato (cap.J, eterna cica di sigaro spento in bocca) fu minuziosissimo. L'impianto idraulico era dotato di una pompa azionata dal motore con 1.800 psi di pressione e veniva usato per il solo carrello.
L'impianto pneumatico aveva due bombole e azionava freni, flap, armi ed altri dispositivi. I serbatoi per il carburante erano due: da circa 220 e 170 litri, posti uno sull'altro a metà fusoliera, giusto davanti all'abitacolo (per finire arrosto, pensai io, come infatti accadde più volte in combattimento). Essi erano originariamente privi di protezioni (gulp!), ma in seguito vennero sia protetti che integrati da unità aggiuntive esterne, fino ad un massimo di circa 770 litri, con la possibilità di aumentare ulteriormente la dotazione grazie ad un serbatoio interno, situato nel lungo elemento posteriore di fusoliera, con altri 130 litri.
L’elica era una tripala Rotol a giri costanti. Pesava circa 230 kg, ma regolava l'angolo di incidenza delle pale dell'elica in maniera ottimale per ogni velocità. E poi un’altra montagna di dati e di particolari, che ora non ricordo. Faceva un certo effetto il carrello principale a V (attenzione all’atterraggio, mi dicevo tra me e me, ali livellate quando si tocca terra…). Tra l’altro si doveva volare obbligatoriamente col paracadute sotto il sedere.
(Il lettore mi perdonerà se qualche dato potrebbe non essere esatto, ma gli anni sono passati e con essi anche buona parte di memoria).
Nel primo pomeriggio, a bordo! A differenza del Tiger Moth, il posto per l’ospite-pilota era davanti. Mi ci sono volute un bel pò di contorsioni per entrarvi, nonostante lo sportellino laterale tipo automobile. L’abitacolo mi sembrava, anzi era strettissimo. Prima di tutto mi colpì l’odore, e se ci ripenso me lo sento ancora nel naso: un misto di cuoio, legno, grassi, metalli, olio, glicolo…inconfondibile! Già la cloche massiccia con terminale ovaloide “a badile” incuteva rispetto con tutti quei pulsanti. Nell’abitacolo non avevi spazio: non sapevi come mettere i gomiti e dove appoggiare le mani senza toccare qualcosa. Indicatori e manometri da tutte le parti, quasi alla rinfusa, che invece seguivano un ordine preciso. Il maresciallo che era in piedi sull’ala era molto paziente: cinture a più punti, caschetto di cuoio, maschera d’ossigeno, spinotti vari anche per l’interfono, raccomandazioni varie, tra cui una ripetuta ad ossessione: “ricordati dove stai! E’ come se fossi solo. Se fai una cazzata vi ammazzate in due…ma questo “importa poco”, è che distruggete l’aereo!” E poi: “tieni le mani sulla cloche e sul comando gas, così senti come e cosa fa il pilota; questo non lo sfiorare è l’antincendio, via le mani da qui, non toccare la sovralimentazione, i ganci di sicura del canopy lì e lì, se-ti-eietti-via-le-cinture,strappa-tutti-gli-spinotti,via-i-piedi-da-pedaliera,rannicchia-le-gambe-testa-incassata-per-facilitarti-la-caduta-quando-l’aereo-è-a-rovescio-,puoi toccare tranquillo l’ovaloide della cloche gli unici pulsanti funzionanti sono i trim e il microfono, gli altri -le…mitragliere- sono tutti disinseriti, il caccia non è armato (meno male), questo è il comando del carrello, quest’altro i flaps, fregatene degli interruttori dei serbatoi e di quello supplementare, al quadro breakers ci pensa l’istruttore, tieni se vuoi solo d’occhio gli strumenti motore, le temperature, l’anemometro, l’altimetro, il variometro, l’orizzonte artificiale, luce verde al carrello giù, ecc.ecc.”
La messa in moto è stato un botto più un frastuono che sembrava provenire dalla viscere della terra, scossoni, turbini di fumi e di vento, svelto chiudi la capote e metti le sicure, la fumata sparisce -ma non l’odore-, e il rumore diviene pieno, massiccio, rassicurante: il Merlin ronfa a dovere!
Lo Spit in rullaggio gira su sé stesso veloce come una trottola, l’andatura è a zig-zag per permettere la visibilità anteriore, che pensavo di gran lunga peggiore: e vabbè che stavo davanti, ma la visibilità mi sembrava diciamo migliore di quella del Tiger Moth (ove il pilota per questioni di baricentro siede sempre dietro). Punto attesa. Freni. Prove varie. I magneti, prova a bassi giri. Niente flaps al decollo (i flaps hanno solo 2 posizioni: o aperti o retratti). Le temperature stanno salendo. C’è il via dalla torre. Decollo! Motore un po’ per volta e spedalate di tutto piede destro. Io, intimidito, seguo sui comandi e osservo. Per due secondi cloche leggermente a picchiare, poi in un amen siamo in aria. Colpo di freni, su il carrello, riduzioni a 2.700, salita inenarrabile una volta acquistata velocità a 210 miglia. In pochi minuti eravamo già a 3.000 metri!
Forato uno strato, livelliamo a 4.000, indicata 310 miglia, prua a nord verso Cambridge ove non atterreremo, solo passaggio basso, in un baleno ci siamo. Giù in dolce picchiata. Chiesta e ottenuta autorizzazione a passaggio basso su Duxford. Qualche flash: cumuletti qua e là, prati verdi, boschetti, case rosse con tetti spioventi, vialetti, colli e campi ordinatissimi, strade che si incrociano, indicata 355, l’aria fischia sullo SPIT, ecco la pista, gesti di saluto dai pompieri, torre e hangar in un lampo, pressione terribile sul sedere e sullo stomaco alla richiamata, la maschera dell’ossigeno pulsa più veloce, l’istruttore che se la ridacchia; livelliamo, ora a 4.500. e mi sento dire “sir, ora è tuo! giocaci un po’! non toccare il motore”. Deglutisco. ….. timida virata a sinistra, poi a destra…come tocchi la cloche è un fulmine, non ci sono punti morti o esitazioni, poi lui dice di provare qualche tonneau. Gli rispondo prima tu!!! Leggera cabrata poi tutta barra a sinistra…una, due tre giravolte…altra cabrata poi barra a destra…idem. Niente pedale. L’accelerazione e i G si sentono tutti. Sono in un bagno di sudore. Lui ride “e adesso tocca a te!” Cazzo ! (scusate). Ora sono deciso, ci provo io. Sembra facile, MA LO E’ per davvero. Lui, lo SPIT, gira da solo. L’importante è iniziare a muso un po’ alto, e forse esagero un tantino. Lui, l’istruttore, ridacchia e poi impassibile e serio “tra un po’ atterriamo, fammi vedere se ci sai fare”. Io prima urlo NOOOO, poi sentendo aumentare le risatelle dico “fallo tu io ti seguo sui comandi” e alzo le mani, alte sulla testa in segno di resa.
Capisco che ridurre la velocità non è poi così facile…senza acquistare quota… giri ridotti a 1.500, velocità piano piano in calo, muso altino, ora giù il carrello, velocità a 110, giù i flap, toh Biggin Hill e lì davanti, come ci sarà arrivato?! Autorizzati all’atterraggio. 85 miglia, soglia pista, a 70 sprofonda, oddio ! tocca-rimbalzino-aritocca, spedalate più col sinistro che col destro, poi è quasi fermo. “Vedi com’è facile ?!” sempre lui sardonico. La tripala, davanti, ora è un ventilatore. Io quasi cadavere, ma col fiatone.
Mi ci vorrà una buona mezzora per riprendermi e realizzare il tutto. Ho volato con lo SPIT ! Dopo un’ora mi stavo ubriacando inebriato da birre su birre insieme a una cicca di sigaro con attaccato l’istruttore, che ho poi scoperto avere l’età mia….(31 anni).