di Luigi BERRI
FERRAGOSTO (diversificato)
Non c’è più nessuno: tutti spariti in vacanze assortite: parenti, flgli, amici, pseudo- fidanzate, ecc…
Il sole è sorto da poco, e già l’elica del P-92 solleva polvere di terra dietro l’ala.
Al punto attesa, guardandomi attorno, ammiro la solitudine del campo e i monti vicini, già tremolanti alla vista per l’incipiente calura che riporta verso l’alto il residuo di umidità della notte. I miei secondi piloti e… navigatori (Ulla e Piccolina, cagnoline terrier) se ne stanno buone sul ripiano dietro i sedili, la lingua fuori, sentendo già il caldo attendono l’aria più fresca della quota.
Decollo per la 09 della FlyRoma: essendo Ferragosto, l’intento è di dare un’occhiata dall’alto a qualche spiaggia, tra Nettuno e il Circeo, osservando con scrupolo quote, zone vietate, corridoi permessi. Non mi ci vuole tanto per arrivare in vista del Tirreno e per valutare l’orrida situazione: tutte le strade in direzione del mare sono intasate da colonne di auto già prima delle nove del mattino, e le spiagge si stanno riempiendo di ombrelloni, sdraio e quant’altro.
Nauseato, ripenso con nostalgia al campo di volo deserto. Solo il mare dall’alto è splendido, miliardi di pagliuzze luminescenti che riflettono il sole nel blu.L’orizzonte sul mare per ora non esiste, si sposa con la foschia al limite del cielo. Sorvolo per un po’ l’acqua, a distanza e quota di sicurezza, poi con un tranquillo 90°a sinistra risorvolo le spiagge e dopo poco con un altro 90° a destra ritorno verso i colli prima di casa.
C’è un po’ di turbolenza tra il monte Artemisio e i Lepini nel falsopiano di Artena: lo accetto divertito, non mi dimentico a 16 anni i tremori e le tensioni dei primi voli “con ballo”, e l’istruttore che mi guardava calmo e beato come se nulla fosse "ma lascialo volare !" mugugnava…
Il nastro dell’aviosuperficie si nota a chilometri, tra le case e fattorie, il resto ondulazioni e coltivazioni riarse. A parte il sole più alto, al campo il tempo sembra essersi fermato. Nessuno in vista, né in aria né in terra, nessuno che risponde per radio all’avvicinamento. Atterro sulla 27 con le solite sventolate al traverso. Fermo il P-92 al consueto parcheggio, poi mi avvio al riparo sotto le piante. Le canette, felici, volteggiano qualche capriola nella scarsa erba residua.
Prendo i giornali dall’auto parcheggiata al riparo, scorro i titoli ma non li leggo.. E’ caldo sì, ma qui fermo sulle panche all’ombra quasi non si avverte. Guardo avanti, verso il Guadagnolo e lascio la mente libera di vagare. Si frappone alla vista il P-92, sembra quasi contento, mi appare come una grande farfalla che abbia aperto le ali per proteggermi: a ben vedere, anche oggi l’ho fatto rientrare al suolo senza fargli del male, lui mi ricambia così a modo suo mostrandomi le sue ali aperte che da quest’ottica paiono più grandi del solito, quasi aumentando l’ombra.
Sorrido. Una nuvola bassa ricambia, poi sparisce.
Qualche visione: lo stridore delle cicale è al culmine, mi avvolge ma non disturba, come non disturba lo scroscio della risacca se si è sulla spiaggia (da soli, beninteso).
Da lontano scorgo un’ape che si posa sul Pitot, fortuna che l’ho schermato…, se ne va insoddisfatta dopo un’accurata ispezione. Traspira ancora un po’ di umido della terra bagnata la notte da qualche scroscio di pioggia, residuo di temporali del nord. Lontano un suono di campane giunge con un refolo caldo.
Mi lascio cullare, forse mi appisolo, non so. Anzi dormicchio, con la testa appoggiata tra le braccia sul tavolaccio.
Si respira “pace” a pieni polmoni, e penso a quanto sono fortunato di trovarmi oggi, in questo momento, in questo posto, tanto diverso da quello cui aspira la gente comune nel “di’ della festa”. Me ne frego del pranzo di Ferragosto condito dei vocii della calca sudata, mangerò stasera.
Un senso di pieno benessere mi penetra, ecco non so spiegarmi diversamente. Le canette, accanto, sono più beate di me nel loro sonno profondo. Con gli occhi chiusi….ritorno bambino, quando in Piemonte mi addormentavo di giorno nella cascina sprofondato in mezzo al fieno odoroso appena tagliato.
Improvvisamente sento un rumore, mi rianimo, deve essere trascorso del tempo. Le mie “cane” s’involano a far feste a qualcuno che sopraggiunge. Guardo l’orologio: le due, che diamine, ma quanto ho vagheggiato?!
Ora il vento è più caldo, ma non costante. Le ore passano e non me ne accorgo.
Verso sera, vado ancora in volo sul campo: l’aria e il mondo intorno sono sempre più rosa mentre, davanti al lexan in corto finale, il sole si va coricando verso la città. A terra il barbaglio del sole si attenua, il cruscotto riflette i ritmi sincopati della strobo a guardia sopra il timone.
Effemeridi scadute, e la luce comincia a calare.
Addio ad un giorno speciale.
Uscendo ho una visione diversa del mondo circostante, l’azzurro sta sfumando nel blu della notte incipiente, si intravede qualche stella, nelle case di Montecompatri -sulla collina di fianco - piccole luci danzano. Sulla Prenestina il traffico è quasi inesistente.
Le cicale ormai esauste dopo una giornata di duro lavoro una ad una spengono il canto, mentre si accendono i grilli, ben lieti che la calura si smorzi e il fresco della notte subentri.-