Qualche anno fa, in seguito ad un accordo col proprietario della pista, ho avuto il piacere di passare quasi tutte le domeniche da maggio a ottobre facendo voli di ambientamento all’aviosuperficie del Sagrantino.
Per chi non lo sapesse, è una bella pista in piena Umbria, nelle terre del Sagrantino, tra Montefalco e Bevagna a pochi passi da Foligno.
Il ricordo di quelle giornate è ancora oggi vivo e straordinario, mi sentivo un po’ come il protagonista di un libro di Richard Bach: seduto sotto la lunga ala di un modesto, forse anche anzianotto, P92 da 80 cavalli aspettavo che qualche temerario avventore si avvicinasse proponendosi per un giretto per i cieli a gustarsi quei territori ancora vergini e quasi fuori dal tempo, dove tra fiumi e foreste nel corso dei secoli Etruschi, Romani, Bizantini e chissà quanti altri hanno combattuto e si sono ammazzati per poter vivere e cercare di tirar su città meravigliose nel luogo più salutare e, a mio parere, felice che l’Italia conosca.
Ne ho fatti davvero molti di quei voli, insieme al mio “collega” ma in realtà straordinario amico Valerio: la mia memoria è pari a quella di un pesce rosso attempato, chi mi conosce lo sa benissimo, eppure di quelle tante scampagnate in aria una è rimasta indelebile...
Una domenica pomeriggio, verso la fine di Giugno, si presentò una folta comitiva di persone, anzi, personaggi, pronta a cimentarsi in un temerario volo di ambientamento.
Il cielo era sereno, qualche nuvoletta sparsa qua e là ed una leggera componente di vento da sud, il tempo ideale per godersi Montefalco e i suoi vitigni insieme ai tanti gheppi che ne caratterizzano i contorni.
Non ricordo quasi nessuna delle persone che mi onorarono della loro compagnia in volo, ma un ragazzone di nome Diego mi è rimasto stretto nel cuore, ed immagino che lo stesso sia ancora anche per lui.
Diego è un giovanottone che supera ampiamente il metro e novanta, ha lo sguardo nascosto e riservato e una folta chioma scura, che quasi tende al blu; quel giorno si avvicinò a me ed al P92 stretto tra la mamma e il papà, due signori ben più minuti di lui che paradossalmente gli facevano da scorta.
In effetti fin da subito mi accorsi che Diego aveva qualcosa di speciale, o di diverso, rispetto agli altri: sua mamma con fare insicuro mi sussurrò che lui soffriva di autismo, “ma non preoccuparti, è buono e non fa male a nessuno”.
Queste sue parole mi stupirono non poco, anche perché mai avrei pensato il contrario!
Non ero sicuro di poter affrontare quel volo: pensavo che se si fosse spaventato avrei avuto difficoltà a contrastarlo, grosso com’era...pensavo che era la mia prima volta in volo con qualcuno di diverso, pensavo che forse quella responsabilità fosse troppo grande per me...
E senza dubbio i miei pensieri ed i miei dubbi si leggevano bene sul mio bel faccino, perché la mamma di Diego iniziò a parlarmi con un tono ancor più basso e riservato: mi prese da parte, sottobraccio, raccontandomi quanto Diego fosse innamorato degli aerei, e di come spesso la sola via per allontanarlo dal suo mondo segreto fosse mostrargli video o riviste con protagonisti aerei, elicotteri o alianti.
Gettai lo sguardo su Diego, che stretto al suo papà nel frattempo si era avvicinato al P92, e improvvisamente aveva alzato la testa e lo sguardo verso sua mamma sorridendo...Non mi servì altro!
Quel volo andava fatto.
Ci accomodammo in aereo, Diego era silenziosissimo ed attento a ogni dettaglio.
Sua mamma mi disse di essere tranquillo, e che probabilmente Diego sarebbe stato taciturno per tutto il tempo e difficilmente avrebbe dato risposta coerente alle mie domande, “ma non preoccuparti, è buono e non fa male a nessuno”.
Poco prima del decollo, fatti tutti i controlli e allineato per la 06, gettai uno sguardo su Diego...aveva gli occhi chini, si guardava le gambe e quasi mi sembrava non avesse idea di dove si trovasse o di quel che sarebbe accaduto di là a poco; ma ormai era fatta.
Come per ogni volo, dissi “OK andiamo!”
Tutta manetta, il solito accenno di piede destro, vr e su, si vola.
Istintivamente mi preoccupai di Diego, ancora aveva lo sguardo sulle sue gambe; 300 piedi, flap su e prua verso Montefalco, non più di 15 minuti di volo, ero preoccupatissimo per le possibili reazioni di Diego ma non lo davo a vedere e mentalmente avevo già prospettato ogni scenario possibile.
Ad un certo punto, e credetemi non sto romanzando nulla, Diego uscì dal suo torpore e guardando fuori dal finestrino sussurrò un nome che sinceramente non ricordo (pesce rosso attempato di cui sopra!).
Poi mi sorrise, indicando una casa gialla con le tegole rosse, che stonava completamente con tutte le altre ville intorno, che avevano tegole marroncine e quasi tutte le facciate in mattoni.
Era casa sua, e il nome era quello del suo cane dal quale mai si separava.
Diego cambiò del tutto atteggiamento, sorrideva, mi fece segno di voler virare sopra la sua “magione” e io accettai di buon grado.
Era felice, solare, ilare come forse nessun mio passeggero è mai stato.
Divenni felice anche io: in un periodo della mia vita piuttosto complicato, mentre mio padre lottava con un male difficile e mentre la mia vita sentimentale stava naufragando, Diego mi regalò dieci minuti di sogno.
Grazie a lui, il volo tornò ad essere il mio attimo perfetto, la mia fuga dalla quotidianità, dalle mie tante paure, ed in fondo dal me stesso “terrestre” che non mi è mai andato tanto a genio.
Dopo tre giri sopra casa chiesi a Diego “Torniamo da mamma?” sicuro di non ricevere risposta...lui si voltò verso me, ancora più sorridente e mi disse “Si, mamma”.
Vi giuro che mi esplose il cuore: grazie al volo, al P92 e alla magia di quelle grosse ali e di quel piccolo cockpit, io e Diego avevamo trovato una strada per comunicare!
Due ragazzi pochi attimi prima sconosciuti, uno con tanti pensieri e tante paure, e l’altro accompagnato da una diversità che tutti inconsciamente allontanavano, adesso erano due amici che si consolavano l’un l’altro a forza di sorrisi!
“L’apparenza inganna, Lucià”, mi ripetevo in testa mentre rientravo in lungo finale per la 24 e mentre Diego indicava la pista sorridendo e dicendo “Mamma...”
Corto finale, nasino su e atterraggio perfetto (una volta tanto ci riesco pure io!), arrivati al parcheggio. Diego se ne andò accompagnato dalla mamma, mi guardò, e di nuovo sorrise.
Ci salutammo così, con un paio di sorrisi...semplici eppure pieni di significato.
Lasciai il resto dei voli al mio amico Valerio, sedendomi in un angolo sotto l'ombra di un faggio e pensando che ancora una volta nel volo avevo trovato con facilità le risposte che a terra sembravano irraggiungibili.
L’apparenza inganna, ma su un aereo siamo tutti molto più veri!