di Luigi BERRI
Islander BN 2 A2
Avete presente un bel carro trainato dai buoi o da trattori in un tranquillo sentiero di campagna in mezzo ai prati ? Se riportiamo questa bucolica immagine in un aeroporto in erba e al posto del carro ci mettiamo un bel BN 2 A2 e al posto dei buoi o dei trattori ci mettiamo due bei motori, ecco questo è il concetto che più si attaglia a questa rustica macchina volante chiamata comunemente “ISLANDER”. Il Britten-Norman BN-2 A2 ISLANDER è un bimotore a pistoni ad ala alta da trasporto leggero progettato e prodotto originariamente dall'azienda inglese Britten Norman Ltd, dal nome dei due soci fondatori, intorno agli anni sessanta. E’ una macchina non robusta ma robustissima, con fusoliera quadrangolare, carrello fisso erculeo, adatta ad operare su tutte le superfici, con capacità “umane” fino a 10 passeggeri. Nelle sue numerose versioni, l'ISLANDER ha riscosso un grande successo in campo internazionale ottenendo, come asserisce il sito ufficiale della Britten-Norman su Internet, lo status di velivolo commerciale tra i più venduti in numerosi continenti ma specie in Europa, e venendo impiegato in centinaia esemplari da operatori in tutto il mondo, da aeronautiche militari e da forze di polizia.
Quando ci salii sopra la prima volta e mi sedetti nel cockpit, mi sentii a mio agio come un po’ si sente uno quando torna in un ambiente familiare. Allora già avevo ricevuto il passaggio su bimotori (Piper Apache e Atzec, ma, soprattutto P 68, che proprio per l’ala alta era quello che gli assomigliava di più). Solo che qui lo spazio era enorme e mi faceva sentire ancora più importante, se pure con una certa soggezione. Ma ciò che mi appariva familiare era il grande cruscotto analogico (evviva!) che vedete qua sotto, con quasi tutti comandi alla mia comprensione.
I tradizionali volantini con i pulsanti radio, i vecchi (per il giorno d’oggi) VOR doppi con l’ILS, il girodirezionale, la doppia radio, il vuotometro, lo ADF, l’EGT, il transponder, decine di breakers, normali orologi, un EFIS-bussola sopra il cockpit, e poi sulla piantana centrale, doppia manetta, doppio smagritore, trim a ruota, comando flap, freni di stazionamento, pedaliere tradizionali con freni, indicatori singoli con doppia freccetta, pilota automatico d’antan, ecc ecc. Pertanto l’aereo era Full IFR. Nella versione A2, quella da me provata, vi era antighiaccio goodrich sul bordo d’attacco delle ali, non ricordo se anche sul timone.
Per quanto riguarda I motori la versione sulla quale feci il passaggio come già detto denominata BN-2 A2, rispetto alle precedenti (versioni) subì delle modifiche ai flaps e fu aggiornata con due nuovi motori da 300 hp Lycoming IO-540-K1B5 a iniezione, ed eliche quadripala. Peso a vuoto 1.925 kg, a pieno carico 2.994 kg Seguirono poi altre versioni con motori Allison turboprop, ma su quelle non mi pronuncio.
IN VOLO:
Aeroporto di Capodichino. Istruttore texano (oddìo con la lingua…! l’inglese per loro è tutto un altro idioma! alla fine ci capivamo a gesti o a suoni gutturali tipo il romanesco “aòh”!). Messa in moto tradizionale (prima il destro, non ho mai capito bene il perché, anche se lì per lì me l’avevano spiegato), frastuono in cabina, l’aereo con configurazione mista (bagagli + merci + passeggeri, ma non più di 6). Prove motori tradizionalissime. Una tacca di flap per il decollo. Rumorosità assordante, ma se vi erano solo i piloti e se l’aereo non aveva carichi, si avvertiva la potenza tipo calcio alla schiena, in 300 metri eravamo per aria, colpo ai freni, via i flap, salita a 1.000 ft al minuto senza forzare, Map a 25, riduzione eliche a 2.500 giri, EGT nella norma. In quota e in volo livellato Map a 20 e eliche a 2.400.Velocità di crociera sui 270 km. La tangenza massima era di 8.000 metri, ma raggiunti i 4.000 occorrevano le maschere di ossigeno. All’atterraggio tutto flap e finale a 140 km. Si arrestava in breve, senza problemi.
Il pilotaggio era facile. Senza motore critico (Il sinistro, se ben ricordo) si doveva penare con la pedaliera per tenerlo almeno in volo livellato, ed era già una faticaccia: di salire nemmeno l’ombra. Decollava anche con un motore solo, ma da vuoto, senza carichi a bordo, mangiandosi quasi 2 km abbondanti di pista, roba da crepacuore.. (quando ero solo ai comandi, non ci ho mai provato). Ciò che non era facile era il calcolo del centraggio prima del decollo, specie in presenza di merci, oppure, senza merci, con 10 passeggeri più bagagli a bordo. Il calcolo -in eccesso- era di 100 kg ogni uomo e 80 per il gentil sesso. Una specie di scomoda nicchia-water a bordo, solo in …casi estremi!. Sacchetti per il vomito sullo schienale del sedile e salvagente sotto i sedili. Passato l’esame di abilitazione, in tutto ci avrò volato una diecina di volte, tranquillamente, eccetto una volta che beccai un gabbiano sopra i monti della Tolfa con l’estremità dell’ala sinistra. A parte il gabbiano, nessun danno all’aereo. Ho portato al massimo 6 persone, preferibilmente all’Elba. Ho preteso -e ottenuto- cuffie paraorecchie per i passeggeri. Altrimenti dopo un’ora di volo rintronava il cervello.
A dire il vero, oggi ho un po’ di nostalgia per questo caro chiassoso mulo tuttofare. Ma anche se lo avessi a portata di mano, chi ci volerebbe con quello che consuma, e quindi con quello che oggi costerebbe…?1 (a parte che dovrei rifare il passaggio, ormai abbondantemente scaduto).-