Mi risuona ancora nelle orecchie la voce preoccupata del mio amico pilota che non riusciva a ritrovare l'aeroporto abbandonato “ che doveve stare da quelle parti “.
Il motivo della preoccupazione risiedeva nella leggerezza con cui avevamo intrapreso quel volo che avremmo dovuto effettuare da Genova Sestri a Milano Bresso, con ritorno in giornata, ma che, causa maltempo, si stava mettendo molto male.
Erano i primi anni '60 ed era quasi inverno.
Decollati da Genova con il Picchio del mio amico pilota ; a bordo, soltanto noi due, matti ed incoscienti : io ero alle prime armi in fatto di aeronautica, anche se già Controllore del Traffico Aereo, mentre il mio amico, ancorchè munito di brevetto di secondo grado, era esperto....quasi come me..........
Partimmo, nonostante le raccomandazioni del Meteo a non fidarci troppo della situazione, al momento buona, ma che, secondo lui, in breve sarebbe radicalmente cambiata su tutta la Liguria e la Lombardia . Facemmo spallucce, e via!
Fatta quota sul mare, sorvolando il Passo dei Giovi tra cumuli in formazione ed un po' di turbolenza convettiva, scavalcammo l'Appennino. Sotto di noi, la Piamura Padana, ricca di enormi campi arati di fresco, sembrava sonnecchiare tranquilla ai primi raggi del sole.
Poche miglia dopo aver lasciato i monti, giunti dalle parti di Voghera, guardando verso Milano ancora lontana, vedemmo, quasi all'improvviso, una sterminata muraglia di nubi bianche e nere sbarrarci la strada. L'immagine si faceva sempre più nitida man mano che avanzavamo : era come se il muro ci corresse incontro. Tentammo delle deviazioni, ma Milano FIC ci suggerì di seguire le rotte standard previste per l'ingresso nel CTR di Linate. Questo fatto ci portava sparati dentro le nubi. Chiedemmo le condizioni meteo della zona : pioggia, rovesci e scarsa visibilità quasi ovunque.
Provammo a tornare verso Genova, ma, invertita la rotta, vedemmo che sull'Appennino da poco valicato si erano organizzate altre folte schiere di cumuli imponenti.
Cominciammo a preoccuparci senza darlo a vedere e gironzolammo inutilmente per 360 gradi alla ricerca di un pertugio che ci permettesse di trovare la strada di casa, ma fu tutto inutile : man mano che passava il tempo, il cielo intorno a noi si andava riempiendo di massicce formazioni nuvolose e la morsa di faceva sempre più stretta.
Visto che la situazione non era più tanto normale, il mio amico espresse l'idea di cercare un punto dove poter atterrare, in attesa di un miglioramento del tempo, che peggiorava a vista d'occhio e di.......” di dietro “, che dalle mie parti si chiama c..o( cominciavamo a sentire, ogni tanto, dei forti calcioni all'aeroplano ).
In quella zona, secondo lui, c'era sicuramente un vecchio campo di volo, forse risalente alla II Guerra Mondiale, ma non ne rammentava l'esatta ubicazione. Allora, presa una vecchia e consunta carta di navigazione dalle dimensioni spropositate, cominciò ad aprirla, tra me e lui, senza riuscire a trovare neanche la zona dove poter identificare un riferimento con ciò che vedevamo a terra.
Visto che voleva pilotare e consultare contemporaneamente la carta, ma che non riusciva a fare né l'una, né l'altra cosa, mi passò il foglio con la speranza che io potessi aiutarlo. Non riuscii a cavare un ragno dal buco. Alle prese con quel grosso pezzo di carta che giravamo e rigiravamo sulle nostre facce, sembravamo Stanlio ed Ollio. Non ridevamo, però, perchè ci rendevamo conto che il tempo passava, le nubi si facevno sempre più minacciose e la turbolenza sempre più forte. Giravamo in tondo sulla zona, scrutando ogni particolare del terreno, in preda ad un'inquietudine sempre più evidente.
Improvvisamente, in lontananza, senza che sulla carta fossimo riusciti leggere nulla, in mezzo al marrone chiaro dei campi arati, ci sembrò di vedere una lunga striscia d'erba con delle costruzioni dai colori sbiaditi. Mettemmo la prua su quella visione e, dopo pochi istanti, scorgemmo una fila di coni biancastri vicino ad un palo da cui pendeva uno straccio di manica a vento. Eccolo! Era il fantomatico campo di fortuna! Tirammo un gran sospiro di sollievo e, sotto un forte acquazzone, con visibilità vicina allo zero, dopo aver comunicato al Controllo di Milano la nostra posizione approssimativa e l'intenzione di atterrare, mettemmo le ruote su quel vecchio sedime che un tempo aveva accolto chissà quali, e quanti, aerei della Regia Aeronautica. “ Flottando “ tra profonde pozzanghere e vistosi spruzzi d'acqua, lasciammo la pista e ci infilammo sotto una specie di lunga e malandata tettoia arrugginita dove attendemmo, per un paio di ore, l'occasione per tornare a casa.
Rientrati a Genova, ricoverato l'aereo in un hangar semideserto, senza dire niente a nessuno, ce la squagliammo e, coraggiosamente, non ci facemmo vedere per molti giorni.
Trovare quel campo, di cui non ricordo il nome, fu quasi un miracolo, e da quell'avventura imparammo che i consigli alla prudenza non vanno mai sottovalutati, specialmente quando provengono da chi è preposto a darli ( il Meteo, in questo caso ). Altre cose importantissime: prima di andare in volo è bene, tra le altre cose, studiare con attenzione sulle carte tutto ciò che riguarda la rotta che dobbiamo seguire, tenendo conto degli spazi riservati di qualsiasi natura, prevedendo anche eventuali atterraggi su aeroporti alternati e di questi avere più notizie possibili, evidenziando in maniera chiara la loro posizione sulla carta e memorizzando, in volo,quando possibile, i punti di riferimento a terra per un rapido avvistamento ( p. es. : la vicinanza di un corso d'acqua, la coordinate polari da un grosso edificio isolato o da un paese, la presenza di cavi elettrici, eccetera ).
Ultima raccomandazione : le carte di navigazione vanno, prima del volo, dispiegate e ripiegate in maniera che sia agevole leggere soltanto la fascia di territorio che intendiamo sorvolare. Ricordiamoci che l'abitacolo di un ULM è molto angusto, perciò le manovre di apertura, ripiegamento e consultazione possono risultare estremamente difficoltose, se non addirittura impossibili.
Ricordiamoci anche che le carte devono essere sempre aggiornate e, in volo, ” tenute d'occhio “ come un qualsiasi strumento di navigazione.
Giancarlo CRISTARELLA